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Petrolio : riserve e costi di estrazione

Nonostante il mantra di politici, associazioni e grandi masse di cittadini sia la transizione energetica, con il passaggio dalle fonti petrolifere alle fonti alternative come il solare, l’eolico e lo sfruttamento delle correnti marine, la realtà ci dice che anno dopo anno il fabbisogno di petrolio cresce ed è destinato ad aumentare con l’industrializzazione di paesi che nel tempo andranno a sviluppare una politica industriale propria.

Il motivo di tale difficoltà è da individuare, fondamentalmente, nel fatto che la transizione avrebbe, in parte, costi altissimi ed in parte non sarebbe sostenibile con i moderni mezzi.

Leggendo i dati forniti da autorità internazionali, scopriamo che il fabbisogno di petrolio è stato, nel 2018, di oltre 99 milioni di barili, il più alto di sempre.

Scopriamo, anche che secondo alcuni analisti, supereremo i 100 milioni di barili nel 2019.

Le riserve petrolifere mondiali sono rappresentate nella mappa che vedete di seguito.

Riserve di petrolio

riserve di petrolio in miliardi di barili

Sicuramente molti di voi sarete sorpresi dallo scoprire che non è l’Arabia Saudita il paese con le maggiori riserve di petrolio, bensì il Venezuela che, oltretutto, ha enormi riserve anche di altre materie prime come il gas naturale, bauxite, ferro, carbone, oro ed uranio.

Ebbene si, il Venezuela che da anni è sull’orlo del default, è un paese le cui riserve potrebbero rendere ricchi i propri cittadini ma che, alcune dinamiche di politica interna ed internazionale hanno reso poverissimo.

Sempre dall’ infografica capiamo che il Canada è al terzo posto per riserve petrolifere.

Quando si parla di giacimenti petroliferi, però, bisogno comprendere che un fattore molto importante è giocato dalla conformazione del territorio.

Con un altra infografica, infatti, riusciamo a comprendere come sia molto diverso il costo di estrazione da un paese all’altro.

Costi estrazione del petrolio

Come è facile intuire, il petrolio del Regno Unito è il meno conveniente da estrarre con un costo medio di 17 USD al barile così come il Canada ha un costo medio di 11 USD ed il Venezuela di 8 USD.

Questo rende difficile la vendita il petrolio soprattutto se messo in competizione con il greggio proveniente da Arabia saudita con 3 USD , Iran 2 USD , Iraq 2,16 USD o Russia con un costo di 3 USD.

Si comprende, quindi, che nonostante un paese possa avere grandi riserve petrolifere, nella realtà potrebbe non essere in grado di produrre e vendere quel petrolio in modo da massimizzarne il potenziale beneficio.

Si intuisce il motivo per cui, ad esempio, l’occidente tiene molto ai paesi del golfo in quanto quella zona del mondo rappresenta la fonte di approvvigionamento più a basso costo disponibile.

E’ anche per questo motivo che nascono guerre o alleanze improbabili come quella con i sauditi.

Se da un lato l’occidente fa le guerre per ‘esportare la democrazia‘, dall’altro stringe alleanze con dinastie note per le torture.

Tornando al Venezuela, anche se se ne parla poco, potrebbe essere la polveriera del prossimo conflitto tra superpotenze.

Prima o poi le sue riserve naturali entreranno nell’interesse geopolitico di qualcuno ed allora, in sud america, potrebbe nascere la prossima guerra.

Di sicuro sarebbe da monitorare costantemente, per cogliere ogni minimo cambiamento nella società o nella politica o per catturare eventuali ingerenze di soggetti stranieri.

Serviranno ancora decenni prima che l’umanità si liberi dalla schiavitù del petrolio e da tutto quello che ha rappresentato, benessere e guerre comprese.

Probabilmente la prossima guerra gli uomini la combatteranno per l’acqua, ma intanto si continua a morire per il petrolio.

Ed il petrolio è causa di grandi ricchezze di pochi e enorme povertà e sofferenze di interi popoli.

A proposito di petrolio, è notizia recente data dal Financial Times che, riportando i dati dell’ EIA, ha reso noto che gli Stati Uniti dopo vari decenni, a settembre hanno esportato, tra petrolio e prodotti raffinati, più di quanto importato.

Il merito maggiore va ai prodotti raffinati e all’olio di scisto, il petrolio non convenzionale o Shale Oil, come viene definito, ottenuto attraverso la frammentazione delle rocce di scisto bituminoso attraverso pirolisi, ossigenazione o dissoluzione termica.

Nei prossimi anni, di questo passo, gli Stati Uniti potrebbero raggiungere l’indipendenza energetica e questa eventualità potrebbe incidere anche su diversi equilibri geopolitici.

Dodli

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